In caso di guerra le infrastrutture italiane sono troppo vulnerabili.

In caso di conflitto, la rete viaria di un Paese, siano esse le ferrovie, le autostrade o le strade secondarie, diventa fondamentale per il movimento di truppe, mezzi e rifornimenti. L’Italia, con l’allargamento della Nato verso oriente, non è più un Paese “al fronte” come lo è stato ai tempo della Guerra fredda, ma in caso di guerra convenzionale con un ente statuale rappresenta comunque un fronte importante per le operazioni nel Mediterraneo, e potenzialmente potrebbe essere al centro di attacchi provenienti dall’aria e dal mare per eliminare o rendere inoffensive le basi (non solo navali) che sono presenti sul suo territorio. La rete infrastrutturale nazionale, quindi, riveste ancora oggi un’importanza centrale per l’ambiente militare, e non solo per quanto riguarda la loro capacità di supportare (e sopportare) la mole di trasporti che la attraverserebbero. In questa breve analisi abbiamo individuato una criticità della nostra rete che sembra essere stata dimenticata, ma prima di affrontarla è bene addentrarci meglio nella spiegazione del perché autostrade e ferrovie sono ancora oggi centrali per il buon esito di un conflitto, e l’esempio della Russia è perfettamente calzante – nonostante le sue peculiarità – per dimostrarlo.

Come la Federazione russa dipende dalle ferrovie.
La Russia ha una grande dipendenza dalla rete ferroviaria e dal trasporto pesante per far affluire uomini e materiali in zona di guerra: strade e ferrovie sono state per decenni la spina dorsale dei trasporti militari e commerciali del Paese, sia perché esso è rappresentato da un un vasto territorio scarsamente e disomogeneamente popolato, sia perché la rete ferroviaria è più economica da gestire rispetto a una flotta imponente di velivoli da trasporto. Questa differenza rispetto all’Occidente, e in particolare anche verso gli Stati Uniti, è anche determinata da un diverso atteggiamento filosofico: Washington è più portata a ragionare globalmente rispetto a Mosca, quindi per proiettare la sua forza a livello mondiale in tempi rapidi abbisogna di una marina militare forte e di uno strumento aereo da trasporto vasto ed efficace. La Russia poi deve fare i conti con considerazioni climatiche oltre che geografiche: il suo territorio è situato in una regione in cui il clima è avverso per gran parte dell’anno, e un treno è più idoneo rispetto a un aereo per trasportare merci e uomini. L’esercito russo, quindi, fa affidamento in modo particolare sulla rete ferroviaria nazionale: Mosca ha un servizio ausiliario, Zheleznodorozhniye Voiska (truppe ferroviarie), che protegge e mantiene la rete ferroviaria da utilizzare durante il combattimento. Esso è composto da 10 brigate assegnate ai distretti militari e lavorano per riparare linee danneggiate, costruire o ricostruire ponti e assistere le forze armate nell’occultamento. I problemi logistici – di entrambe le parti – che abbiamo avuto modo di evidenziare nell’attuale conflitto in Ucraina hanno mostrato come il sistema sia fragile. Per Mosca, controllare un importante snodo ferroviario, come Kharkiv o Kramatorsk, significa poter continuare nell’offensiva, e la decisione di non colpire a fondo questi punti nevralgici in Ucraina risiede proprio in questo particolare modo di “fare la guerra”. Gli ucraini sono a conoscenza di questa peculiarità e vulnerabilità e hanno preso di mira non solo i convogli di camion russi ma anche le linee ferroviarie tra Russia e Ucraina, che sono state tagliate sin dalle prime fasi del conflitto. Inoltre sono stati segnalati diversi attacchi informatici alla ferrovia bielorussa oltre a sabotaggi diretti che hanno costretto i convogli ferroviari russi a ritardi che hanno menomato la capacità della Russia di trasportare truppe, rifornimenti e munizioni. Il fattore chiave per evitare questo tipo di ingolfamenti e ritardi è la ridondanza, ovvero la possibilità di deviare treni su altre linee, che sono comunque diffuse nella regione.

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Le criticità delle reti viarie nazionali.
Si apre però una riflessione sulla sicurezza delle reti infrastrutturali (ferroviarie e stradali) che riguarda in particolare il nostro Paese ma, potenzialmente, tutta Europa. Ogni qualvolta che la linea – non solo ad alta velocità – che collega Milano con Roma viene interrotta, il nostro Paese viene praticamente spaccato in due: il traffico ferroviario si blocca o subisce fortissimi ritardi creando disagio negli utenti e ritardi nella consegna delle merci. Il nostro Paese è ancora fortemente dipendente dal trasporto su gomma, ma anche da questo punto di vista la situazione non è tranquillizzante, in quanto la rete autostradale non è così diffusa, e quella secondaria è spesso e volentieri inadatta a sostenere volumi elevati di traffico pesante. Esiste poi un’ulteriore considerazione che pochi oggi sembrano fare ma che un tempo, quando il nostro Paese veniva ricostruito dopo la distruzione della Seconda Guerra Mondiale e si temeva una guerra con l’Unione Sovietica e il Patto Di Varsavia, veniva fatta dagli stati maggiori dell’Esercito: la troppa vicinanza, in alcuni punti particolari della penisola, tra le reti stradali e ferroviarie. Percorrendo il nostro Paese, da nord a sud, la rete stradale, quella autostradale e quella ferroviaria corrono parallele per lunghi tratti a poca distanza le une dalle altre. Chi si è trovato a percorrere la statale Aurelia, oppure l’autostrada A1 in alcuni tratti appenninici, avrà notato come le linee ferroviarie scorrano a poche centinaia – a volte poche decine – di metri da quelle stradali. La situazione non migliora in alcuni tratti del versante adriatico, dove si assiste alla medesima situazione. Spesso e volentieri, inoltre, gasdotti ed elettrodotti principali sono posti lungo la stessa direttrice delle linee auto/ferroviarie. Basterebbe quindi un attacco cinetico con una manciata di missili o bombe, concentrato in due o tre “strozzature” date dalla geografia nazionale, per interrompere in un solo colpo tutte le reti infrastrutturali dirette nord-sud e spaccare effettivamente in due il Paese, causando un danno riparabile molto difficilmente in tempi brevi e quindi, in caso di guerra, creando una situazione di estrema difficoltà per i trasporti militari. Si obietterà, giustamente, che la decisione di costruire le varie linee così vicine le une alle altre sia stata dettata proprio dalla geografia e dalla necessità di contenere i costi delle infrastrutture – che altrimenti avrebbero dovuto essere fatte, ad esempio, in galleria – concedendo parimenti rispetto alle realtà locali, che potrebbero facilmente mal digerire la decisione dello Stato di sventrare una collina, radere al suolo un bosco o di far passare una linea ad alta velocità vicino a un centro abitato. Viene però da chiedersi perché anche dove è sarebbe stato possibile “allargare” le distanze tra le reti, si sia deciso di sfruttare la stessa sede dei tracciati. Se prevenire atti di sabotaggio è impossibile – come dimostra la guerra in Ucraina – perché significherebbe presidiare l’intera rete, è però possibile concepire le nuove linee – o il loro rinnovamento – in modo diverso avendo cura di allontanare i tracciati gli uni dagli altri per poter evitare che addirittura una singola coppia di missili, o bombe, possa colpire nello stesso attacco la rete ferroviaria e quella stradale, col “colpaccio” di poter anche distruggere un elettrodotto principale o un gasdotto.

Cosa si potrebbe fare?
La rete ferroviaria nazionale fa registrare 6.475 chilometri di linee fondamentali, caratterizzate da un’alta densità di traffico e da una elevata qualità dell’infrastruttura, che comprendono le direttrici internazionali e gli assi di collegamento fra le principali città italiane e 9.360 chilometri di linee complementari (linee secondarie, linee a scarso traffico, linee a spola con minori livelli di densità di traffico), che costituiscono la maglia di collegamento nell’ambito dei bacini regionali e connettono tra loro le direttrici principali, mentre quella autostradale è lunga 6.966 chilometri a cui si sommano altri 29.331 di strade di interesse nazionale. Sarebbe quindi utile – oltre che interessante – che si faccia almeno uno studio sulla fragilità di questa immensa rete evidenziando le “strozzature” di cui sopra e predisponendo un piano di emergenza per poter oltrepassare le varie interruzioni una volta che dovessero presentarsi: qualcosa che potrebbe anche fungere da volano per l’economia qualora si decidesse di “raddoppiare” le linee spostandole altrove rispetto agli attuali tracciati.

Fonte: https://it.insideover.com/difesa/litalia-una-penisola-dalle-infrastrutture-a-rischio-anche-in-caso-di-guerra.html

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