Il rapimento alieno di Puddy Maureen.

La foto rappresenta Puddy Maureen accanto alla sua macchina, nel luogo esatto dell’incidente.

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“Le adduzioni possono variare a seconda della razze extraterrestri che le conducono, ma fondamentalmente si distinguono in due tipi principali: l’Adduzione Fisica e Olografica. Nell’Adduzione Olografica, l’Alieno rimane dentro l’astronave e in qualche modo, cattura l’addotto.”
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La sera del 5 luglio 1972, dopo aver lasciato il Royal Children’s Hospital di Melbourne, dove era stata in visita a suo figlio, vittima di un incidente avvenuto a scuola (gli era caduto un armadio addosso) Maureen Puddy si stava recando a casa di sua madre, a Frankston, per aggiornarla sulle condizioni del nipote e prendere una tazza di tè, necessaria, prima di poter affrontare il tragitto verso casa. Verso le 21:15, Puddy salutò la madre e partì. Poco dopo, notò un improvviso bagliore blu che proveniva dall’alto. Pensando che fosse un elicottero della polizia, pensò che era meglio fermarsi e accostò l’auto sul lato della strada. Si aspettava di ricevere delle istruzioni, magari tramite un altoparlante e invece vide un enorme oggetto blu e rotondo. Aveva la forma di “due piatti sovrapposti”. Stimò che si trovasse a un’altezza pari a quella di “due pali del telefono”. Era indecisa: non sapeva se doveva uscire dalla macchina. Tuttavia, si spostò sul sedile del passeggero per vedere meglio. La struttura dell’oggetto era metallica, non aveva giunture ed era perfettamente liscia. Allo stesso modo, non notò porte o finestre di alcun tipo. Un “intenso bagliore blu” avvolgeva la navetta che proiettava la sua luce brillante su tutta l’area circostante. L’oggetto, sebbene immobile, emetteva un ronzio.
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Dopo alcuni secondi, Puddy tornò in sé e si riposizionò rapidamente al posto di guida. Avviò il motore e si allontanò velocemente. Guardando indietro, però, notò che l’oggetto la stava seguendo. Per lo spavento, premette di più sull’acceleratore. Ma, per quanto corresse, lo strano velivolo blu si tenne sempre alla stessa identica distanza. Continuò a guidare per diverse miglia, prima che l’oggetto scomparisse improvvisamente, emettendo una scia di “luce molto brillante” che rigò il cielo notturno. Tornò a casa confusa per ciò che aveva visto, ma sicura che non si fosse trattato di un sogno o di un’illusione di qualche tipo, tanto che decise di sporgere denuncia alla polizia anche se, sicuramente, non le credettero. La stessa cosa successe quando raccontò la sua esperienza ad amici e parenti. Così, da quel momento in poi, decise di tenere quell’incontro per sé. Tuttavia, la sera del 25 luglio, mentre tornava dall’ospedale dove si era sottoposta ad alcuni esami, quasi alla stessa ora e più o meno nello stesso punto, ricomparve il grande disco blu. Questa volta, però, decise di non fermarsi: strinse il volante e premette forte sull’acceleratore. Ma l’auto si fermò placidamente sul ciglio della strada. Attraverso il parabrezza, vide l’oggetto sospeso davanti a lei. Poi, sentì una voce direttamente nella sua testa. – Non aver paura, non intendiamo farti del male. – Queste furono le parole che le passarono per la mente. A questo seguì: – i tuoi esami saranno negativi. Di ai media che ora hai il controllo. – Cosa intendesse dire con quest’ultima frase rimane un mistero. Quindi il motore dell’auto si avviò da solo. Lei rimase immobile per un attimo, poi si allontanò a tutta velocità. Denunciò, ancora una volta, l’avvistamento alla polizia, anche se il poliziotto sembrò riluttante. Quando le chiesero se ci fossero dei testimoni, lei rispose: – pensò che ce ne fosse almeno uno, perché mentre mi stavo avvicinando a un passaggio a livello, ho visto un uomo con una torcia che conduceva una mucca su una delle strade laterali. Sicuramente l’UFO gli sarà passato molto vicino. – Successivamente, ebbi modo di parlare con la moglie di quell’uomo e anche con una signora che abitava sul crinale, non lontano dall’autostrada: entrambi avevano visto quella luce.
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Passarono diversi mesi prima che i ricercatori UFO, Paul Norman e Judith Magee, si interessassero al caso. Puddy parlò coi ricercatori ma, su loro consiglio, non rivelò niente a nessuno. In verità, Puddy aveva già tentato di contattare i media ma poi, temendo il ridicolo, aveva deciso di lasciar perdere. Comunque, continuava a ricevere messaggi. Una sera, dopo aver di aver ricevuto per l’ennesima volta il messaggio di “tornare sul luogo dell’incontro”, contattò Magee e Norman perché aveva deciso di andarci, ma aveva paura e non voleva farlo da sola. Così stabilirono di vedersi, alle 21:00, vicino a una sottostazione elettrica, fuori dall’autostrada. Magee e Norman arrivarono un po’ prima, pertanto, videro Puddy arrivare in macchina. Non appena parcheggiò, corse immediatamente dai due ricercatori e li informò che aveva corso il rischio di andare fuori strada. Magee e Norman scesero dalla macchina e tutti insieme si avvicinarono alla station wagon di Puddy, chiedendole di raccontare cosa le fosse successo. Magee entrò nell’auto e avvertì una strana sensazione: era come se qualcosa non quadrasse anche se non capì bene cosa. Puddy li informò che, mentre stava andando da loro, una strana figura con un abito laminato d’oro le apparve dal nulla nell’auto. Lo shock per l’improvvisa apparizione le fece quasi perdere il controllo. Entrambi i ricercatori notarono quanto fosse scossa. Arrivarono al luogo dell’incontro, un posto tranquillo fuori dalla strada principale e fermarono la macchina. Mentre erano seduti e discutevano, Puddy, all’improvviso, allungò la mano e afferrando il braccio di Magee esclamò: – Eccolo! Non lo vedi? – I due ricercatori guardarono nella direzione indicata, ma non videro nulla. Puddy, invece, sembrava essere caduta in una sorta di trance e affermava che si stava avvicinando. Secondo lei, l’entità arrivò così vicino che se qualcuno avesse allungato la mano sarebbe riuscito a toccarla. Adesso era in piedi accanto al faro anteriore. Quindi Judit chiese a Paul di fare un giro intorno alla macchina. Quando arrivò al punto in cui si trovava l’entità, questa si spostò indietro per consentirgli di passare tra lui e l’auto. A questo punto, l’entità fece cenno a Maureen di seguirlo, ma lei dichiarò categoricamente che non lo avrebbe fatto. Judit le disse che sarebbe andato con lei e cercò di farla uscire delicatamente dalla macchina, ma lei si aggrappò al volante e non si mosse. L’essere le stava dicendo di seguirlo, ma lei non voleva. Rimase al suo posto, nell’auto, vedendo qualcosa che i ricercatori non riuscivano a scorgere. Poi, rimanendo al suo posto e ancora in una sorta di trance, iniziò a descrivere l’interno della navicella spaziale. Si trovava – disse – in una grande stanza circolare. L’entità era di fronte a lei e le indicava un “oggetto simile a un fungo” posto al centro della stanza. Questo oggetto era alto circa tre metri e oscillava “come se fosse fatto di gelatina”. Alla base di questa forma a fungo c’erano dei simboli simili a numeri romani. All’improvviso divenne estremamente agitata e sbottò: – Non riesco ad uscire. Non ci sono porte o finestre: non posso uscire. – Magee poi affermò che per tutto il tempo Puddy aveva pianto lacrime vere: se si trattò di un’allucinazione, fu molto realistica. Preoccupato, il ricercatore chiese all’entità di avere pietà di quella povera ragazza. – Vuole che chiuda gli occhi. – disse Puddy all’improvviso. Magee le disse di farlo e lei lo fece: sembrò rilassarsi immediatamente. Puddy, intanto, continuava a descrivere ciò che vedeva dentro la navicella. Poi, sembrò destarsi ma, prima che potessero prendere fiato, lei tornò in trance affermando: – Sono di nuovo lì. – Riprese a descrivere l’interno della navetta ma, questa volta, con più calma, prima di affermare: – Se n’è andato. Questa volta se n’è andato davvero. Posso raccontare. – Puddy è “ritornata”, si fa per dire, in macchina. Adesso sembrava del tutto normale, così ne approfittarono e decisero di mangiare qualcosa mentre discutevano del “fungo” e cercavano di capire cosa fosse. Le fu chiesto se potesse trattarsi di un giroscopio, ma Maureen non aveva familiarità con quel termine, quindi le chiesero se potesse essere una bussola. Allora lei prese un piccolo gadget dal cruscotto della macchina e rispose che quello era simile al “fungo”: una piccola bussola su una ventosa. Non se la sentirono di farla tornare a casa da sola, né lei lo desiderava. Così la accompagnarono fin lì.
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Fonte: https://francocacciapuoti.blogspot.com/2023/09/lo-strano-avvistamento-di-puddy-maureen.html


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