La grande flotta di sommergibili italiani durante la Seconda Guerra Mondiale.

La flotta sottomarina italiana della seconda guerra mondiale con 107 sommergibili, fu una delle più grandi al mondo al momento, seconda solo a quella dell’Unione Sovietica. Vide l’azione durante la seconda guerra mondiale, principalmente nel Mediterraneo. Durante il conflitto 88 sommergibili, circa due terzi della forza totale, andarono persi. I sommergibili italiani di questo periodo erano di vario tipo, a seconda dell’ufficio di progettazione responsabile. Bernardis preferiva un design a scafo singolo, per le migliori caratteristiche di immersione, ma aggiungendo controcarene per la stabilità in superficie. Questo design era il preferito dalla Marina. Cavallini utilizzò il doppio scafo, o doppio scafo parziale con serbatoi a sella, per migliori prestazioni in superficie; questo progetto fu trovato per avere risultati migliori. Ansaldo utilizzò pure il doppio scafo, per enfatizzare la manovrabilità in superficie. I sommergibili italiani erano di quattro tipi fondamentali: incrociatori oceanici di grandi dimensioni, grandi posamine, grandi pattugliatori a lungo raggio e di medie dimensioni. Gli incrociatori, pochi, si rivelarono piuttosto inutili, soprattutto perché lenti ad immergersi; videro uno scarso servizio operativo. I posamine, tuttavia, ebbero più successo. Dislocavano tra 1054 e 1305 tonnellate standard in superficie, con un’autonomia di 8.500 miglia a 9 nodi in superficie, un’autonomia in immersione di 60 ore a 2 nodi e una quota di immersione di 100 metri. L’armamento includeva una batteria di 6-8 tubi lanciasiluri con 8-14 siluri, 36 mine e uno o due cannoni da ponte da 100mm. Le due serie dei sottomarini di pattuglia apparvero come progetti essenzialmente standard immediatamente prima dell’inizio della seconda guerra mondiale. Il gruppo più numeroso dislocava tra le 920 e le 1000 tonnellate standard sulla superficie, con un’autonomia di 9000 miglia a 8 nodi in superficie, un’autonomia in immersione di 60 ore a 2 nodi e una quota d’immersione di 100 metri. L’armamento includeva una batteria di 8 tubi lanciasiluri con 12 siluri e un cannone da ponte da 100 mm. Il gruppo più piccolo dislocava tra 650 e 680 tonnellate standard in superficie, con un’autonomia di 5000 miglia a 8 nodi in superficie, un’autonomia in immersione di 60 ore a 2 nodi e una quota d’immersione di 100 metri. L’armamento includeva una batteria di 6 tubi lanciasiluri con 12 siluri e un cannone da ponte da 100mm. Questi piccoli sommergibili di pattuglia ebbero grande successo, e si comportavano bene nelle acque poco profonde e chiare del Mediterraneo; i battelli più grandi furono abbastanza efficaci nell’Atlantico. Tuttavia, questi battelli erano sfavoriti coi contemporanei britannici e tedeschi, con tempi di immersione relativamente lenti e scarsa manovrabilità sott’acqua. Una caratteristica che causò problemi era la grande vela che rendeva il battello più visibile in superficie e rallentava il tempo di immersione. Durante la guerra molti di questi furono ricostruiti per rimediare a tale difetto.

Nel 1939 la Regia Marina disponeva di 107 sommergibili; che includeva 7 battelli della prima guerra mondiale confinate all’addestramento. Altri otto furono ordinati prima delle ostilità, e altri 30 durante la guerra. La forza sottomarina italiana era volta ad operare principalmente nel Mediterraneo, a supporto delle flotte da battaglia o in missioni di esplorazione e pattugliamento, sebbene i battelli oceanici fossero destinate all’Atlantico. C’era anche un certo numero di battelli di stanza all’estero, nell’impero coloniale italiano. Alle ostilità nel giugno 1940 l’Italia disponeva di 115 sommergibili, di cui 84 operativi; tuttavia 10 andarono persi nei primi venti giorni di azione, in parte a causa di difetti o scarsa formazione, e in parte per spavalderia spericolata. Da allora in poi gli italiani non ebbero mai più di 25-30 battelli in mare allo stesso momento. Il comandante della flotta sottomarina italiana il 10 giugno 1940 era l’ammiraglio Mario Falangola, sostituito dall’ammiraglio Antonio Legnani nel dicembre 1941. La contemporanea entrata in guerra dell’Italia pose fine al traffico commerciale nel Mediterraneo, ad eccezione dei convogli operativi pesantemente scortati che trasportavano rifornimenti a Malta. Aumentò anche sostanzialmente il numero di sottomarini disponibili per la campagna atlantica, quando i sommergibili italiani iniziarono ad operare dai porti di Biscaglia, raddoppiarono la forza dell’Asse in mare. Questa situazione permise all’ammiraglio Karl Dönitz di introdurre la sua tattica da branco di lupi nella campagna atlantica, proprio mentre gli inglesi affrontarono un’allarmante carenza di scorte ai convogli oceanici a causa della neutralizzazione della flotta francese e della decisione di mantenere cacciatorpediniere nelle acque nazionali per difendersi dall’invasione tedesca. I risultati confermarono la convinzione di Doenitz nell’efficacia dei branchi di lupi. Nei primi nove mesi di guerra, gli U-Boot tedeschi affondarono poco più di 1 milione di tonnellate di navi, mentre loro e gli italiani distrussero più di 2,3 milioni di tonnellate tra giugno 1940 e febbraio 1941. Tuttavia, la disponibilità dei cacciatorpediniere tolti dai compiti di guardia, l’aggiunta di nuove scorte e il trasferimento di cinquanta obsoleti cacciatorpediniere della Marina degli Stati Uniti migliorarono la situazione. Il punto di dispersione per i convogli transatlantici diretti a ovest e il punto di raccolta per i gruppi di scorta che incontravano le navi in direzione est. si spostarono gradualmente verso ovest con l’aumento della portata delle scorte. Ciò spinse l’arena principale delle operazioni sottomarine dell’Asse più verso la zona dell’Atlantico centrale, riducendo il tempo che i battelli potevano trascorrere sul posto. A metà 1941 gli Stati Uniti imposero la cosiddetta zona di neutralità sull’Atlantico occidentale e iniziarono a scortare convogli britannici, in collaborazione con la scorta della Royal Canadian Navy operante dall’Argentina a Terranova. I convogli del Nord Atlantico ora erano scortati sempre da navi antisommergibili. Tuttavia, queste addizioni alla forza di scorta ebbero impatto limitato sulle perdite, poiché i sommergibili tedeschi e italiani riuscirono ad affondare altri 1,8 milioni di tonnellate nei nove mesi successivi all’entrata in guerra degli Stati Uniti. Subito dopo il giugno 1940 una forza sottomarina fu inviata nell’Atlantico, onorando l’impegno con la Germania ad aiutarla nella campagna atlantica. Col nome in codice BETASOM, questa forza era di stanza a Bordeaux nella Francia occupata. 32 battelli operarono nell’Atlantico, eguagliando i tedeschi all’epoca. La metà di essi ritentò nel Mediterraneo, o fu convertita ai trasporti, per operazioni in Estremo Oriente. I sommergibili italiani operanti nell’Atlantico affondarono complessivamente 109 navi mercantili alleate per un totale di 593.864 tonnellate. Nel Mediterraneo la forza sottomarina subì pesantemente l’intensa guerra antisommergibile e gli attacchi a convogli e formazioni navali fortemente sorvegliati. I risultati furono modesti, con solo 21 mercantili 13 navi da guerra nemiche affondate (un totale di circa 100000 tonnellate); una delle ragioni di tali dati deludenti fu la mancanza di obiettivi (la maggior parte erano navi da guerra difficili da colpire e navi mercantili sotto scorta pesante), e un’altra era la dottrina obsoleta impiegata all’inizio della guerra (con pattuglie statiche e attacchi eseguiti sparando uno o due siluri), sebbene tale aspetto fosse stato corretto nel 1942 (come dimostrato dall’Operazione Pedestal, quando una condotta più aggressiva e dinamica ebbe notevole successo). Nel 1943 alla resa dell’Italia, la Regia Marina aveva 34 battelli operativi, avendone perso 92 navi in azione (oltre due terzi del totale). Durante il conflitto 88 sommergibili, circa due terzi della forza totale, furono persi. 3021 effettivi andaono dispersi in mare durante la guerra.

Classi:
Sommergibili oceanici di tipo 1
Classe Mameli: 4 unità, costruite nel 1926–28
Classe Settembrini: 2 unità, costruite nel 1930–31
Classe Pisani: 4 unità, costruite nel 1927–28
Classe Bandiera: 4 unità, costruite nel 1929
Classe Squalo: 4 unità, costruite nel 1930
Classe Balilla: 4 unità, costruite nel 1927–28
Classe Archimede: 4 unità, costruite nel 1933-1934
Classe Brin: 5 unità, costruite nel 1938-1939
Classe Liuzzi: 4 unità, costruite nel 1939-1940
Classe Glauco: 2 unità, costruite nel 1935
Classe Marcello: 11 unità, costruite nel 1937-1939
Classe Marconi: 6 unità, costruite nel 1939-1940
Classe Calvi: 3 unità costruite nel 1935
Classe Argo: 2 unità, costruite nel 1936

Sommergibili costieri di tipo 2 (Serie 600)
Classe Argonauta: 7 unità, costruite nel 1931-1932
Classe Sirena: 12 unità, costruite nel 1933
Classe Perla: 10 unità, costruite nel 1936
Classe Adua: 17 unità, costruite nel 1936-1938
Classe Acciao: 13 unità, costruite nel 1941–42

Sommergibili posamine di tipo 3
Classe Bragadin: 2 unità costruite nel 1929–30
Classe Micca: 1 unità costruita nel 1935
Classe Foca: 3 unità, costruite nel 1937-1938

Sommergibili (costruiti in tempo di guerra)
Classe Flutto: 48 ordinati in 3 serie; 13 costruiti nel 1942-1944
Tipo 1: 12 ordinati, 10 completati
Tipo 2: 24 ordinati, 3 completati
Tipo 3: 12 ordinati, alcuno completato

Sommergibili da crociera
Classe Cagni: 4 unità, costruite nel 1940

Sommergibili da trasporto
Classe Romolo: 12 ordinati, 2 costruiti nel 1943

Minisommergibili
Classe CA: 4 unità, costruite nel 1937–43
Classe CB: 22 unità, costruite nel 1942–43
Classe CC: 4 ordinate, alcuna completata
Classe CM: 3 ordinate, alcuna completata

Sommergibili della prima guerra mondiale
Classe H: 8 unità, 5 in servizio nel 1939
Classe X: 2 unità, in servizio nel 1939

Traduzione di Alessandro Lattanzio.

Fonte estera: https://weaponsandwarfare.com/italian-submarines-of-world-war-ii

Fonte italiana: http://aurorasito.altervista.org/?p=19658

Print Friendly, PDF & Email
Potete condividere con le icone qui sotto