Quante civiltà aliene ci sono nello spazio?

Rappresentazione artistica di Kepler-186f, il primo pianeta convalidato di dimensioni simili a quelle della Terra che orbita intorno a una lontana stella nella zona abitabile, ovvero la regione intorno ad una stella dove è teoricamente possibile per un pianeta mantenere acqua liquida sulla sua superficie.

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La Via Lattea è piena di mondi potenzialmente abitabili: circa la metà di tutte le stelle simili al sole ha satelliti simili alla Terra che potrebbero ospitare civiltà aliene.

Buone notizie per i cacciatori di alieni: oltre 300 milioni di mondi con condizioni simili a quelle terrestri sono sparpagliati in tutta la galassia della Via Lattea. Una nuova analisi conclude che circa la metà delle stelle simili al sole nella galassia hanno satelliti in zone abitabili, in cui l’acqua liquida potrebbe raccogliersi o scorrere sulla superficie dei pianeti. “Questo è il risultato scientifico che tutti aspettavamo” afferma Natalie Batalha, astronoma presso l’Università della California a Santa Cruz, che ha lavorato al nuovo studio. Il rilevamento, che è stato accettato per la pubblicazione sull’Astronomical Journal, individua un numero cruciale nell’equazione di Drake. Ideata da mio padre, Frank Drake, nel 1961, l’equazione stabilisce un quadro di riferimento per calcolare il numero di civiltà rilevabili nella Via Lattea. Ora, le prime variabili della formula – inclusa la velocità di formazione di una stella simile al sole, la parte di stelle simili al sole che hanno pianeti e il numero di mondi abitabili per sistema stellare – sono note. Il numero di stelle simili al sole con mondi simili alla Terra “avrebbe potuto essere uno su mille, o uno su un milione, nessuno lo sapeva”, afferma Seth Shostak, astronomo presso l’Istituto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence, Ricerca di Intelligenza Extraterrestre) che non ha preso parte allo studio. Gli astronomi hanno stimato il numero di tali pianeti utilizzando i dati del veicolo e telescopio spaziale della NASA Kepler, nello spazio a caccia di pianeti. Per nove anni Kepler ha osservato le stelle rilevando le brevi variazioni di luminosità date dal passaggio di pianeti orbitanti che oscurano una parte della luce della loro stella. Alla fine della sua missione, nel 2018, Kepler aveva identificato circa 2.800 esopianeti, molti dei quali molto diversi dai mondi che orbitano intorno al nostro sole. Ma il principale obiettivo di Kepler era determinare quanto fossero comuni i pianeti simili alla Terra. Il calcolo ha richiesto l’aiuto del veicolo spaziale Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea, che monitora le stelle della galassia. Con le osservazioni di Gaia alla mano, gli scienziati sono stati finalmente in grado di determinare che la Via Lattea è popolata da centinaia di milioni di pianeti simili alla Terra che orbitano intorno a stelle simili al sole, e che il più vicino si trova probabilmente a 20 anni luce dal sistema solare.

Avvicinamento verso il contatto.
L’equazione di Drake usa sette variabili per stimare il numero di civiltà rilevabili nella Via Lattea. Considera fattori come la parte di stelle simili al sole con sistemi planetari e il numero di pianeti abitabili in ognuno di quei sistemi. Da lì, considera la frequenza con cui la vita evolve in mondi che presentano le giuste condizioni, e la frequenza con cui quelle forme di vita sviluppano tecnologie rilevabili. Nella sua forma originale, l’equazione presuppone l’evoluzione di alieni tecnologicamente avanzati su pianeti che orbitano intorno a stelle simili al sole. “Quando gli astronomi parlano di trovare questi pianeti, parlano dell’equazione di Drake, giusto?” specifica Jason Wright, astronomo presso l’Università Statale della Pennsylvania che studia mondi potenzialmente abitabili, ma non ha partecipato allo studio. “Abbiamo tutti quella in mente, quando facciamo questi calcoli”. È stato necessario oltre mezzo secolo perché gli scienziati riuscissero a identificare quanti pianeti potrebbero potenzialmente ospitare la vita. Nel 1961 gli astronomi non conoscevano mondi orbitanti intorno a una stella che non fosse il sole, e nonostante le teorie di formazione planetaria suggerissero che gli esopianeti dovessero essere comuni, non c’erano prove di osservazione che lo confermassero. Ma nell’ultimo decennio è stato chiarito che i pianeti sono molto comuni, e superano il numero delle stelle nella Via Lattea. In media, quasi ogni stella ha almeno un mondo che le orbita intorno. Questa scoperta è stata “un importante passo in avanti” afferma Wright. “È quella che ci ha confermato che ci sono molti luoghi in cui potrebbe essere nata la vita come la conosciamo”. Ma il fattore successivo nell’equazione di Drake, ovvero il numero di mondi abitabili per sistema planetario, è stato più complesso da calcolare, afferma Batalha.

Mondi come il nostro.
Kepler individua mondi lontani rilevando cali nella luminosità delle stelle dati dal passaggio dei pianeti che quindi ne oscurano brevemente l’emissione luminosa. Sulla base di quanta luce viene oscurata, e con che frequenza, gli scienziati possono calcolare le dimensioni del pianeta e il tempo che impiega per tracciare la sua orbita intorno alla sua stella. Usando questo approccio, Kepler ha individuato migliaia di esopianeti di tutte le dimensioni e orbite. Ma quello che gli scienziati cercano veramente sono i pianeti come la Terra: temperati, rocciosi e che orbitano intorno a stelle simili al sole. Le prime stime avevano indicato che un probabile 20% delle stelle simili al sole avesse nella sua orbita un mondo corrispondente a questi criteri. Ora sappiamo che quel numero è vicino al 50%, se non superiore. “Sono di più di quanto pensassimo. Generalmente al pubblico dicevo uno su quattro, uno su cinque, questo risultato ci ha piacevolmente sorpreso” dice Batalha. “Una stella su due, di quelle simili al sole, potrebbe potenzialmente avere un pianeta abitabile”. Calcolare la frequenza di questi pianeti ha presentato difficoltà impreviste: le stelle osservate da Kepler erano più attive di quello che gli scienziati avevano previsto, e producevano segnali che potevano imitare o confondere le “firme” di pianeti in transito. Inoltre il veicolo spaziale stesso ha richiesto periodicamente manovre complesse che hanno complicato le osservazioni, in particolare dopo il guasto di alcune parti che aiutavano a mantenere il suo puntamento stabile. Per raggiungere le loro conclusioni, Batalha e i suoi colleghi hanno incrociato i dati di Kepler e Gaia, che sta tracciando e caratterizzando un miliardo di stelle vicine. Hanno identificato i pianeti osservati da Kepler con un raggio da 0,5 a 1,5 volte quello della Terra che potrebbero essere rocciosi invece che gassosi. Poi da Gaia hanno ottenuto le temperature e le dimensioni delle stelle intorno alle quali ruotano questi pianeti. Invece di basare la potenziale abitabilità di un pianeta solo sulla sua distanza da una stella, il team ha calcolato quanta energia raggiunge ognuno di questi mondi. Da lì, il team ha selezionato i mondi le cui temperature consentirebbero all’acqua di permanere in superficie. Una volta ottenuta una dimensione “campione” di mondi rocciosi e temperati noti che orbitano intorno a stelle simili al sole, sono riusciti a stimare quanti ne esistano in tutta la galassia. Hanno rilevato che tra il 37% e il 60% delle stelle simili al sole della Via Lattea dovrebbero avere un mondo temperato simile alla Terra; e usando un calcolo più possibilistico dell’energia necessaria a un mondo per essere temperato, hanno rilevato che potrebbero essere addirittura dal 58% all’88% delle stelle simili al sole quelle che hanno un mondo di questo tipo. Ovviamente sono molti i fattori che determinano se un mondo nella zona abitabile sia effettivamente adatto a ospitare la vita. Le caratteristiche planetarie come campi magnetici, atmosfere, contenuto d’acqua e tettonica delle placche tutte giocano un ruolo, e sono difficili da osservare in piccoli mondi lontani. Ciononostante “questo lavoro fornisce un contributo fondamentale nell’individuare esattamente quanti potrebbero essere i luoghi che ospitano la vita”, afferma Wright. “E calcolando la distanza più probabile dal più vicino di tali pianeti, è emerso che è lì a due passi [in termini astronomici]”. Il mondo più vicino a noi di quel tipo si trova probabilmente a una distanza non superiore ai 20 anni luce, e quattro dovrebbero trovarsi entro i 33 anni luce.

Dall’abitabilità alla civiltà.
Ora che gli astronomi hanno un’idea di quanti mondi simili a quello terrestre siano sparsi nella galassia, possono continuare a lavorare sulle variabili dell’equazione di Drake. Molti dei fattori rimanenti saranno difficili da identificare, incluse le domande cruciali sulla frequenza con cui gli extraterrestri sviluppano tecnologie che possiamo rilevare e il periodo di tempo in cui tali civiltà sono rilevabili. Un’altra domanda fondamentale è se gli scienziati dovrebbero includere stelle che non sono simili al sole, considerando che diversi mondi delle dimensioni della Terra sono stati trovati intorno a stelle più piccole e più fredde. E forse dovremmo considerare anche mondi diversi dai pianeti: anche se molti dei mondi osservati da Kepler sono grandi e gassosi, “potrebbero avere lune boscose come Endor” in Star Wars, afferma Wright “oppure come Pandora in Avatar.” Gli astronomi si stanno avvicinando a determinare il prossimo fattore dell’equazione: la parte di mondi abitabili sui quali la vita si evolve. Continuando a esplorare il sistema solare, stiamo scoprendo che l’elenco dei posti abitabili è lungo e diversificato. Mondi come Marte ed Europa, la luna ghiacciata di Giove, potrebbero ospitare la vita microbica, e anche le nubi tossiche sopra Venere potrebbero contenere forme di vita. “Se è successo più di una volta nel sistema solare” afferma Wright “questo dà l’idea del potenziale della galassia”. Trovare un solo esempio di vita al di fuori della Terra dimostrerebbe che la biologia non è un colpo di fortuna cosmico ma piuttosto un esito probabile, in presenza dei giusti ingredienti. E considerando la quantità di luoghi reali e abitabili nel cosmo, molti astronomi affermano che la vita sia essenzialmente un fenomeno “inevitabile”. Ma il calcolo delle ultime variabili dell’equazione di Drake (quelle che ci diranno se la Terra è l’unico pianeta della galassia a ospitare organismi tecnologicamente evoluti) rimarrà un mistero fino a quando, come dice mio padre, non sentiremo il mormorio di mondi alieni.

Fonte: https://www.nationalgeographic.it/spazio/2020/11/quante-civilta-aliene-ci-sono-nello-spazio

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