La Gran Bretagna vuole diventare una importante potenza spaziale.

A metà agosto la caotica ritirata occidentale dall’Afghanistan aveva visto il Regno Unito tentare, inutilmente, di prorogare oltre il 31 agosto la permanenza di Stati Uniti e alleati nel Paese e non riuscire a organizzare un secondo tempo dell’evacuazione di civili e militari afghani di fronte all’avanzata dei talebani senza la copertura della superpotenza. In quel momento la strategia Global Britain del governo di Boris Johnson sembrava appesa a un filo, dipendente dalle priorità strategiche Usa dopo passati casi analoghi su temi come il 5G e la chiusura alla Cina.

Nel mese di settembre, la stipula del patto Aukus ha però in un certo senso mostrato un versante più strategicamente valorizzabile di questo legame ombelicare. La relazione Usa-Uk resta, in un certo senso, speciale e assieme all’Australia Londra è scelta nel novero della già ristretta alleanza “Five Eyes” come partner più stretto della superpotenza. Una sinergia paragonabile, sotto certi punti di vista, solo a quella tra Washington e Israele.

E tutto ciò ha trovato conferma in un approfondimento del legame australiano-americano al fronte spaziale, direttamente connesso al mondo dei sottomarini che Washington fornirà a Canberra, che ha avuto subito un corrispettivo in una mossa del governo di Sua Maestà. A meno di due settimane dalla stipula di Aukus, firmato il 15 settembre scorso, Londra ha infatti presentato la sua nuova strategia spaziale nazionale che sembra cucita addosso al nuovo quadro strategico nato da Aukus.

La National Space Strategy posta in campo dall’esecutivo di Boris Johnson è ambiziosa e risponde appieno alle logiche che la strategia Global Britain aveva indicato per il futuro del Regno Unito post-Brexit: un maggiore protagonismo negli scenari militari internazionali, un’integrazione crescente tra settori civili, apparati economici e apparati di Difesa, la ricerca di una posizione di forza nel contesto scientifico globale.

In quest’ottica, la National Space Strategy fissa cinque obiettivi generali per il rafforzamento spaziale del Regno Unito: potenziare il posizionamento di Londra nella space economy, promuovere un uso dello spazio orientato al diritto internazionale, in ossequio a quanto scritto nella convenzione Onu sottoscritta quest’anno dal governo, supportare ricerca e innovazione, sfruttare le tecnologie spaziali per combattere i cambiamenti climatici, promuovere la tutela dell’interesse nazionale con il posizionamento come potenza in ambito spaziale.

“Al cuore di questa strategia”, ha dichiarato George Freeman, neo-ministro della Scienza nel governo conservatore, “riconosciamo di esser impegnati in una corsa globale al controllo dello spazio” e di possedere alcuni punti di forza “su cui intendiamo far perno”.

Londra richiama la volontà di diventare una superpotenza scientifico-tecnologica anche in ambito spaziale e di porre in essere profonde e decise collaborazioni con gli alleati di riferimento. In quest’ottica, il richiamo ad Aukus è evidente, dato che il Regno Unito vanta con gli Usa e l’Australia (oltre che con Nuova Zelanda e Canada) un rapporto privilegiato in termini di intelligence, con conseguente condivisioni di flussi informativi che nello spazio hanno un hub di interscambio decisivo, in ambito navale e militare si coordinerà con Washington e Canberra e, soprattutto, ha da tempo perfezionato anche in ambito spaziale il processo della Brexit. Dividendo le sue strade da quelle dei programmi europei per l’alternativa al Gps (Galielo), delle costellazioni satellitari veterocontinentali e dei nuovi apparati per l’internet via satellite.

Space News sottolinea che, dati i cambiamenti epocali avvenuti nel settore su scala internazionale, Londra non ha riproposto l’obiettivo di ottenere il controllo del 10% del mercato globale della space economy perorato per anni; e se da un lato Andrew Stanniland, ad di Thales Alenia Space Uk, ha sottolineato che Londra deve recuperare un ritardo in campo tecnologico, dall’altro il Regno Unito mantiene “una quota di mercato del 6%” su scala globale nella space economy, con 21 miliardi di dollari su 345 generati nel 2019 nel settore.

Il perimetro Aukus conferma dunque la sua volontà di proiettare le proprie ambizioni come blocco coeso oltre i confini dell’alleanza navale e del contenimento delle strategie cinesi nell’Indo-Pacifico. Londra segue il patto dei sottomarini Usa-Australia e, da nazione dotata delle più avanzate capabilities in ambito navale e spaziale, prosegue sulla strategia di rafforzamento dell’ibridazione mare-cielo che appare sempre più fondamentale come determinante di potenza nel XXI secolo. A testimonianza del fatto che prima di dare per tramontata la strategia Global Britain bisognerà aspettare ancora molto tempo, perlomeno lo sdoganamento delle conseguenze geopolitiche nel nuovo asse anglosassone.

Fonte: https://it.insideover.com/tecnologia/dopo-aukus-lo-spazio-cosi-johnson-rilancia-la-global-britain.html

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